Stefania Fierli

Customer Care. L’arte di prendersi cura dei clienti

Soprattutto a partire dall’avvento del cosiddetto metodo Toyota, i processi legati alla Customer Care e alla Customer Satisfacton sono fra i più inflazionati e disattesi della cultura organizzativa.

Inflazionati perché sembra un argomento ormai ovvio quello di ascoltare i suggerimenti dei clienti per migliorare la qualità del servizio; disattesi perché le variabili in campo sono talmente tante che parlare di comunicazione, ascolto, attenzione, qualità ci catapulta inevitabilmente nella sfera caleidoscopica delle differenti percezioni individuali, con il loro imprevedibile moto ondulatorio, e quindi nel mistero dell’animo umano.

Come è possibile, allora, aver cura dei clienti con garbo ed efficienza, facendo loro vivere una esperienza memorabile? Perché di questo si tratta quando si allude alla Customer Experience.

Obiettivi dell’approccio Customer Care

La finalità di ogni politica rivolta ai clienti è quella duplice di massimizzare le vendite — con tecniche che vanno da quelle più semplici a quelle più evolute, che attingono anche al neuromarketing — e al contempo di fidelizzare, come si diceva una volta, cioè creare un legame emotivo con il brand. Per questo negli ultimi anni abbiamo assistito alla creazione di una serie di neologismi sempre più fantasiosi, per indicare tecniche al passo con i tempi, utili per intercettare e ammaliare i potenziali clienti e, una volta divenuti tali, per trattenerli e legarli a sé in modo che resistano alla tentazione rappresentata dai competitor sempre più agguerriti, come dimostra la celebre metafora dell’oceano rosso.

Per fare questo è necessario assumere e formare addetti alle vendite adeguati alla relazione, in grado di gestire al meglio l’eventuale insoddisfazione dei clienti.

Le competenze adatte a un approccio Customer Oriented

Empatia e soft skills sono competenze preziosissime nell’approccio con il cliente, per capirlo, entrare nel suo modo di vedere il mondo e non solo soddisfare i suoi desideri e le sue aspettative ma addirittura anticiparli: questa è la frontiera estrema della soddisfazione del cliente, che porta al riacquisto, alla fedeltà all’azienda, muovendosi così nella direzione opposta a quella della manipolazione e della forzatura nel processo decisionale.

Ma come si concilia questo approccio con l’inevitabile obiettivo di “far quadrare i conti” e con l’esigenza, che molto spesso si presenta all’azienda, di “spingere” un prodotto in particolare?

Nella mia esperienza con software house ho avuto modo divedere il grande risparmio di tempo e l’aumento della Customer Satisfaction che si raggiungono inserendo in azienda un approccio agile in tutte le fasi, dai primi briefing alla consegna del prodotto. Il continuo feedback e il coinvolgimento del cliente in chiave proattiva sono diventate un esempio in ogni campo, al di là del mondo della programmazione.

Si tratta di una vera rivoluzione di approccio, che deve arrivare a tutte le persone coinvolte nella relazione con il cliente finale e, quindi, è prima di tutto un approccio HR nella comunicazione e nel flusso di lavoro. Non si può pensare di essere agili con il cliente in un’azienda rigida e formale.

Così per riuscire a gestire i cosiddetti “clienti difficili”è necessario compiere questo salto di prospettiva: il cliente non è difficile in sé, ma nelle frizioni che derivano dalla relazione che si instaura con lui. Ecco che gestire il cliente diventa quasi un laboratorio teatrale di “gioco delle parti”.

Da Storyteller a Brand Ambassador

Essere ambasciatori di un brand significa incarnarne tutte le sfumature, valoriali e comportamentali, mantenendo la capacità affabulatoria di narrare una storia della quale il cliente si possa sentire protagonista.


Per fare questo occorre che a monte le aziende abbiano formulato adeguatamente la propria Customer Value Proposition, intesa come proposta di valore che l’azienda fa al mercato, che per i clienti si traduce nei vantaggi che possono raggiungere acquistando un prodotto o un servizio rispetto ad altri dello stesso segmento. 

Nell’incontro ottimale tra il vantaggio competitivo offerto dall’azienda e il soddisfacimento dei molteplici bisogni dei clienti, si crea quella che viene chiamata Customer Branding ovvero l’associazione, nella percezione del cliente, dei valori del brand.

Come si crea un’ottimale Customer Experience

Non esiste un solo tipo di cliente, nemmeno se si fanno precise distinzioni merceologiche o di target. Le tipologie psicologiche sono veri e propri modi di affrontare il mondo e quindi per gestire i clienti occorre saper approcciare la psiche umana nella sua complessità, sapendosi mettere fra parentesi e aderendo in maniera professionale al ruolo. Capire velocemente a quale tipologia il cliente appartenga è fondamentale, perché le prime impressioni si saldano nel ricordo dell’esperienza. 

Se non si sa fronteggiare questo non si può pensare di gestire le obiezioni e le lamentele, fasi cruciali in qualunque transazione.

Le strategie aziendali devono quindi tener conto del fatto che la Customer Experience si configura come percezione olistica da parte del cliente e si colloca come sintesi che va oltre il prodotto e il servizio, oltre al brand e alla tipologia di acquisto. Ogni azienda dovrebbe avere un approccio unico in tutti i touchpoint con il cliente, siano essi fisici o digitali.

Percorsi di formazione in Customer Care

La formazione che si propone per gli addetti alla vendita tocca molti ambiti: dalle gestione delle emozioni alla comunicazione (ad esempio imparare a porre le domande giuste); dalle tattiche persuasive non manipolative alle tecniche di negoziazione win-win, in cui entrambe le parti possano uscirne vincenti.

Contattami se vuoi formare il tuo team vendita per avere una migliore cura del cliente.

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